«Obbligati a crescere» è il titolo del convegno organizzato oggi nella sede dell’Abi dal Messaggero con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Dopo l’introduzione del direttore del quotidiano, Virman Cusenza, che ha parlato della crescita come di un «imperativo», sono intervenuti il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, e il numero uno di Confindustria, Vincenzo Boccia. Romano Prodi ha poi moderato un dibattito con gli economisti Jean Paul Fitoussi e Donato Masciandaro e il presidente della Cdp Claudio Costamagna.
Quindi è stata la volta del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, secondo il quale in questa fase «aumentare la fiducia è più importante della crescita».
E’ stato poi il turno del vice direttore generale della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che, pur nell’ambito di uno spazio di manovra ridotto, ha chiesto nuovamente un taglio delle tasse sulle imprese.
Patuelli non ha nascosto la necessità di dover affrontare scelte dolorose per le banche e ha criticato la vigilanza unica europea sugli istituti di credito facendo riferimento al processo di aggregazione bancaria che si relizzerà in Italia nel 2017. Un processo coraggioso che secondo Patuelli è ostacolato però dall’autorità di controllo europeo che chiede nuovi paletti patrimoniali sempre più stringenti.
Anche il presidente della Confindustria ha parlato della crescita come di un imperativo da realizzare con la logica della corresponsabilità e ha chiesto al governo interventi selettivi e mirati.
Le autorità europee, è stato il ragionamento di Prodi, non hanno voluto tener conto delle differenze strutturali tra i sistemi economici. Non si può, in altre parole, affrontare con le stesse regole strutture economiche diverse. L’Italia dipende per oltre l’80% dal sistema bancario, negli Stati Uniti questa percentuale scende al 35%. Ecco perché per Prodi «dobbiamo salvaguardare le banche, punto e basta. Perché abbiamo una struttura economica così, sono politiche indispensabili per il nostro sistema», ha scandito.
Masciandaro ha ricordato invece come ci si trovi in «piena trappola della liquidità» e che è necessario «ragionare su politiche fiscali per la crescita».
Per il presidente della Cassa depositi e prestiti i numeri dicono che «in Italia ci sono soltanto 20 società quotate in Borsa con una capitalizzazione superiore a 5 miliardi. A Parigi sono oltre 60, a Londra, oltre 100». E questo perché «in Italia ci sono troppe piccole e medie aziende, per lo più in mano a famiglie che hano privilegiato più il controllo che lo sviluppo». Ecco perchè dobbiamo cercare di «convincere gli imprenditori italiani ad aprire il capitale, ad aggregarsi, a managerializzarsi”: è fondamentale per poter crescere». Di fronte a questa sfida ci sono imprenditori «che vendono», ma tra le imprese italiane «voglia, ambizione e capacità per continuare a crescere ci sono»: imprenditori a cui Cdp offre i suoi «strumenti di private equity per aiutare a crescere», E ancora «le imprese devono finanziarsi sul mercato e la possibilità c’è. La liquidità è infinita. Ogni giorno incontro investitori interessati a investire nel nostro Paese – dice Costamagna -: C’è un interesse straordinario ma non abbiamo aziende pronte ad aprire il capitale per accelerare la crescita». L’esempio di Esselunga è emblematico. «Bernardo Caprotti, lo sappiamo, è stato un genio. Ma cosa sarebbe accaduto se negli anni ’60 avesse aperto il suo gruppo al mondo? Cosa sarebbe ora Esselunga se Caprotti avesse avuto l’intuizione di aprire agli investitori invece di pensare solo al controllo?».
Fitoussi ha invece affermato: «Non è accettabile un modello in cui si cresce creando disuguaglianze – ha detto -. E’ successo negli Stati Uniti in questi anni. Ma è successo ancora di più in Germania… dove la crescita si è mantenuta a un risicato 1%. Invece noi per ridurre l’1% del debito pubblico abbiamo distrutto il 10% del capitale umano». Un’assurdità per Fitoussi che cita gli alti livelli di disoccupazione soprattutto giovanile. Ma oltre a distruggere capitale umano, abbiamo distrutto il capitale sociale, compresa la fiducia. E’ grave».
Quindi ha lanciato l’allarme: «I nostri paesi possono essere condannati a una stagnazione secolare se non affrontano seriamente il problema della crescita demografica». «L’Italia è una regione che sta perdendo sul piano demografico. Ma senza una soluzione di questo problema non ci può essere crescita… quella in senso allargato», ha proseguito. «Bisogna rivedere la grammatica dell’economia e guardare a quello che conta per la gente», ha insistito.
Poi sulle banche: «Le regole Ue sono così stringenti che impediscono alle banche di erogare prestiti. E poi ci stupiamo dell’ammontare alto degli Npl», ha detto richiamando le critiche di Patuelli.
E sul bail in, le nuove regole di salvataggio delle banche che prevedono anche il coinvolgimento dei risparmiatori, l’economista ha aggiunto: «Il bail in distrugge la fiducia. Dobbiamo trovare qualcosa che compensi questa distruzione di fiducia».